Chiara. Visita lampo a Burj al Shemali

Visita lampo a Burj al Shemali

di Chiara Maurilio, Agosto 2015

La visita al campo di Burj Al Shemali è stata una visita lampo eppure intensa. Una boccata d’aria fresca desiderata, accolta e difesa dagli sguardi impauriti e dai commenti ignoranti di chi non sente il richiamo della Vita oltre i confini che si è dato e ha già rinunciato a sperare in un ritorno alla propria terra.. a casa.

Ci incamminiamo con Olga per un dedalo di stradine e vicoli, facendoci strada tra rivoli di acqua che non trovano sfogo in nessun tombino. Arrivate al palo che raccoglie e ridistribuisce innumerevoli cavi elettrici svoltiamo a sinistra passando davanti a un ulivo, albero sacro ai palestinesi come la Terra ove è piantato, per ritrovarci dopo un altro paio di svolte alla porta della biblioteca Al Houla dove Asma, la responsabile, seduta fra una ventina di bambini incuriositi e divertiti, ci accoglie con un sorriso sereno.

Eccomi nel posto dove Mose, Sharif, Fatima e Ansa passano il loro tempo libero dopo la scuola e durante le vacanze estive. È qui che vengono a leggere o a fare i compiti, partecipano a laboratori e si divertono con i loro coetanei. Entro e mi sembra di aver già visitato Al Houla a fine gennaio quando mi ritrovo a tradurre i primi di una serie di racconti scritti dai suoi giovanissimi frequentatori. Li cerco fra i bambini seduti nell’atrio in attesa che Asma apra ufficialmente le porte della biblioteca. Ed eccoli riconsegnare libri e prenderne di nuovi in prestito. La sete di cultura è insaziabile e carichi di entusiasmo sono i loro occhi nello sfogliare un nuovo libro. È lo stesso luccichio che ritrovo negli occhi di Ja’far, proveniente dal campo di Yarmouk a Damasco, allievo del corso estivo di chitarra nel centro culturale di Beit Atfal Assumoud (https://goo.gl/AK0gt8).

Incontro i futuri autori e un piccolo gruppo di veterani del progetto di scrittura creativa Ma che bella storia!, una sequenza di tre collages il cui protagonista è un albero, cosiddetto linguacciuto, a cui i bambini e le bambine danno voce inventando un racconto. I volti inizialmente perplessi e disorientati si distendono parzialmente quando individuano il fil rouge della loro storia. C’è chi dopo pochi minuti ha già terminato e chi, invece, combatte fino all’ultimo con quelle tre righe che non sembrano trovar seguito. Lo stile aulico usato nella scrittura lascia subito il posto a una vivace conversazione a metà fra l’inglese e il dialetto palestinese che rivela sogni di viaggi in Francia, Olanda e Germania per visitare parenti trasferitisi lì, sogni di future carriere manageriali e il desiderio di apprendere danze latine.

Anche Mohammed, altro giovane allievo del corso di chitarra, mi parla dei suoi sogni in divenire mentre ci dirigiamo alla manifestazione organizzata davanti alla sede dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA) di Burj Al Shemali. Tutti gli alunni e gli insegnanti delle scuole del campo e le associazioni culturali interessate si sono riunite per protestare contro i tagli all’istruzione e le conseguenti riforme che l’UNRWA sta mettendo in atto con il rischio di far slittare, se non saltare, l’inizio del nuovo anno accademico (https://goo.gl/2zhkw1). Manifesti e striscioni supportano il coro di voci che reclamano il diritto all’istruzione, di stare in una classe, pensare, giocare, vivere in libertà…

LIBERTÀ! La stessa che reclama Rim, autrice di uno dei racconti di Ma che bella storia!. Con il volto incorniciato da un velo mimetico mi si presenta il giorno seguente al termine di un’attività di gruppo in biblioteca. Ecco ancora una volta quel luccichio negli occhi che mi colpisce ed entra dentro. L’entusiasmo per la scrittura e la lettura, la voglia di viaggiare e scoprire nuovi posti dove non ci si annoia svelano quel diritto negato a spostarsi liberamente.

LIBERTÀ! La stessa a cui auspica Rasha, giovane impiegata in un progetto di inclusione scolastica dell’UNRWA, e che vedo riflessa nei suoi occhi quando illustra a me ed Olga le numerose iniziative che sono sorte negli ultimi anni con l’obiettivo di rendere insegnanti, studenti e genitori parti attive nella lotta quotidiana per non far affondare le scuole palestinesi. Classi con 50 studenti circa, preparazione scadente degli insegnanti, uniformazione del programma scolastico delle scuole palestinesi con quelle libanesi, eliminazione di alcune materie fondamentali quali la geografia della Palestina. Queste sono solo alcune delle conseguenze delle riforme messe in atto nel corso degli anni (http://goo.gl/1A1SsA), e che stanno sradicando sempre più gli studenti palestinesi non solo dalla loro memoria storica ma anche dal terreno fertile delle opportunità future.

LIBERTÀ! La stessa che giovani studenti, che raccolgono arance per pagarsi il biglietto dell’autobus per andare a scuola, o giovani studentesse, costrette a rinunciare alla propria istruzione per l’impossibilità a fare lo stesso, reclamano quando chiedono a voce alta che gli venga concesso il diritto di sedere in una classe.

Firas ci mostra tutte le scuole che ha frequentato e, insieme a Mustafa, ci accompagna per le vie di Tiro, fuori dalle consuete vie del campo, fino alla Corniche dove donne vestite e bambini in costume si fanno il bagno di notte. Vedo la città attraverso i loro occhi e la vita dalla loro prospettiva.. altro non è che uno scambio che s’incontra, perché condividiamo lo stesso desiderio di felicità (forse un po’ ingenuo ma certamente genuino), quello stesso sogno di pace che condivido anche con Rasha, mia coetanea, scappata con i suoi bambini ai bombardamenti di Yarmouk nella vicina Siria.

L’ultimo giorno mi incammino da sola per le viuzze di Burj Al Shemali alla volta di Al Houla e poi del centro Assumoud per salutare tutti coloro che mi hanno accolto. Un gruppo di anziani signori e signore in abiti tradizionali palestinesi sono seduti a semicerchio nel patio e intonano a turno dei canti popolari sull’amata e perduta Palestina. Le donne, dapprima silenziose, si fanno portatrici dei canti più significativi e nostalgici. Quanto è forte e radicato l’amore per una cultura ricchissima, quella palestinese, a rischio di estinzione. Le cornamuse intonano una dabka e gli uomini e le donne prendendosi per mano cominciano a ballare e rianimare tutti i presenti. È con questa gioia che m’incammino e poco dopo sono fuori dal campo… e spero in un ritorno… e già so che i miei passi non tarderanno a riportarmi a Burj Al Shemali.

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