I miei primi 15 giorni in Libano

di Olga Ambrosanio. Tyro, 23 luglio 2015

Come sempre quando arrivo qui a Burj al Shemali, dall’Italia immediatamente mi sollecitano le prime impressioni. Sistematicamente temporeggio perché quelle “a caldo” non sono significative come quelle che ti arrivano dai volti della gente che  già conosci quando la sorpresa di averti rivisto scompare e lascia spazio alle nuove e vecchie preoccupazioni.

In Italia leggevo che l’UNRWA, l’agenzia dell’ONU per l’assistenza ai palestinesi, aveva annunciato drastiche riduzioni dei suoi programmi. Qui realizzo che non solo di annuncio si tratta, ma di realtà già in atto. Da luglio infatti l’aiuto alle famiglie palestinesi rifugiati dalla Siria è stato dimezzato e da agosto sarà azzerato. Qui sento dalla viva voce degli insegnanti delle scuole dell’UNRWA (uno dei pochi mestieri concessi ai palestinesi in Libano) che a 350 di loro convocati a Beirut negli uffici centrali, è stato comunicato che in Ottobre, Novembre e Dicembre non sarà pagato lo stipendio e che per conseguire economie il numero di studenti per classe sarà portato a  50.  Se la matematica non è un’opinione con le lezioni che già sono di 45 minuti il tempo medio che un insegnante dedicherà a ciascuno studente sarà inferiore ad un minuto …

Servizi quindi più scadenti, e assistenza  sanitaria ridotta. Per le operazioni “hot” (quelle complicate al cuore, cancro, ecc) si passerà dal 50% di rimborso al 30% e per quelle “cold” per le quali oggi pagavano tutto sarà rimborsato solo il 50%. Non si conosce ancora, invece, la riduzione del tetto massimo di rimborso che oggi è di 2.500 dollari.

Con la piaga dell’accesso limitato al lavoro, si può ben immaginare quale sia il clima che regna nelle famiglie, e quale il timore per i giovani esposti alle mire di reclutatori senza scrupoli che se ne  possono impadronire con pochi dollari al mese.

Con bugie pietose o con l’assenza di qualunque motivazione o ancora con la richiesta di documenti che nessuna autorità rilascerà, le Ambasciate di tutta Europa – e anche di Paesi arabi – rifiutano il visto di ingresso nei loro paesi. Quali i diritti universali dell’Uomo? – ci si chiede qui. Quale valore ha ancora la parola “diritti”? Prigionieri, ostaggi, come si può definire una persona a cui si nega un visto di ingresso per studiare o per visitare un Paese? (mi riferisco ai palestinesi e libanesi che hanno  lavoro e famiglia qui). E cosa può invece scattare nella mente di un profugo che scappa da una guerra (i palestinesi che arrivano dalla Siria) e chiedono di ricongiungersi ad un parente che vive in un paese europeo perché qui non c’è più assistenza per loro e non c’è possibilità di lavoro ? E’ un sudoku senza soluzione! Ma è un gioco che riguarda vite umane!

Tutto ciò può produrre solo il risultato di incoraggiare l’emigrazione dei palestinesi. Disperderli in giro per il mondo per realizzare la profezia di Ben Gurion “i vecchi moriranno, i giovani dimenticheranno”, spingerli in braccio alle mafie che hanno fatto ormai delle “agenzie di viaggio”per clandestini il loro business principale.           

Molte le critiche verso l’America, principale finanziatore dell’UNRWA e verso gli altri Paesi vassalli. Quanto costa un missile, si chiede Abo Wassim, coordinatore dell’area Sud della Beit Atfal Assumoud? E se con quei soldi aiutassero dei disperati invece di crearne altri, non sarebbe meglio? Se invece di far arrivare scatolette di cibo dai   propri paesi, i donatori investissero qui per coltivare ortaggi e produrre alimenti,  non risparmierebbero creando anche occupazione? Domande elementari con risposte semplici: non mancano i soldi nel mondo, è tutta politica,  una strategia  che anche in questo caso cerca mano d’opera a basso costo da impiegare nelle guerre in Medio Oriente.

E tutto questo si riflette anche sul nostro progetto musicale. Ragazzi dello scorso anno non ci sono più, qualcuno è riuscito a partire con tutta la famiglia, qualcuno è stato bocciato a scuola e deve studiare in estate, qualcuno l’ho ritrovato in un caffè della corniche di Tyro. Ha  lasciato la  musica ed ora porta il carbone per i narghilè ai clienti del caffè per poche lire libanesi e molte ore al giorno. “Amin, la tromba?” – gli dico – “Devo lavorare” – mi risponde scrollando le spalle, “non posso più”. Avrà 13-14 anni. 

 

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