Attacchi incrociati al confine tra Israele e Libano. Aumentano i morti civili

“Il Manifesto” del 4 giugno 2024, Pasquale Porciello da Beirut

Si intensificano le tensioni al confine fra Israele e il Libano: ieri per la prima volta dall’inizio del conflitto Hezbollah ha annunciato l’invio di uno squadrone di droni al nord di Israele, in direzione del commando settentrionale delle Idf. In risposta a quello che Hezbollah ha definito l’«omicidio» di un membro del gruppo condotto da Israele nel sud del Paese. Domenica, inoltre, un attacco israeliano ha fatto due vittime civili nella città di Houla. Il fronte Israelo-libanese continua a destare preoccupazione anche negli Usa: nel suo discorso di venerdì scorso il presidente americano Biden ha menzionato il Libano per la prima volta dall’inizio del conflitto nella sua proposta per un cessate il fuoco a Gaza e per la stabilità nella regione.

PRIMA DI LUI, Amos Hochstein, diplomatico americano inviato in Libano, aveva già presentato un piano per un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah: fondamentale un accordo sulla linea di demarcazione tra Libano e Israele, dati i molti territori contestati. L’approccio di Hochstein è stato pragmatico: «Possiamo raggiungere un certo livello di comprensione reciproca e ridurre l’impatto per il conflitto stabilendo per la prima volta un confine riconosciuto da entrambi». «Non mi aspetto una pace duratura» tra Hezbollah e Israele, piuttosto un ridimensionamento delle ostilità e l’implementazione di un piano condiviso.

Nelle parole di Hochstein -il quale non ha mai menzionato Hezbollah- è chiaro il riferimento a una fase successiva in cui gli Stati uniti auspicherebbero da un lato un maggiore controllo del territorio da parte dell’esercito, dall’altro un risollevamento dell’economia disastrata del paese, che favorirebbero. Il Libano dal 2019 vive infatti la sua più devastante crisi economico-finanziaria dal 2019.

C’è un avvicendarsi di diplomatici nel Paese, primo fra tutti il francese Jean-Yves Le Drian. L’inviato di Macron è arrivato la settimana scorsa per provare a sbloccare la questione presidenziale, ferma dalle dimissioni nell’ottobre 2022 di Michel Aoun per fine mandato, a cui non è succeduto ancora nessuno. L’Eliseo vorrebbe mettere il sigillo sulla delicata operazione. Il presidente rappresenta però il punto d’incontro degli equilibri di tutti i gruppi politici che, in un sistema di potere multicentrico e corrotto come il Libano, fanno fatica a mettersi d’accordo.
La questione della guerra tra Hezbollah e Israele ha un forte impatto sulla già complicata economia libanese, molto più che su quella israeliana, data anche la disparità dei mezzi.

ALCUNE CITTÀ come Aita al-Shaab rievocano Gaza: coltivazioni di olivi – la principale fonte di sostentamento dell’area, in fiamme (quest’anno è stata impossibile la raccolta) – , utilizzo del fosforo bianco e conseguente avvelenamento delle falde acquifere e dei terreni, come certificato da Amnesty International. Stessa sproporzione nel numero dei civili uccisi (100 circa in Libano, 10 in Israele), 20 militari israeliani, oltre 500 tra membri di Hezbollah e altre milizie.

Centrale è il grande problema dei 150/200mila sfollati in totale da una parte e dall’altra. Un articolo di Amos Harel di ieri per Hareetz raccoglie l’opinione di chi è fortemente critico nei confronti dell’efficacia di quest’azione di deterrenza promossa da Netanyahu contro Hezbollah. «L’opinione pubblica non è convinta che l’esercito abbia il controllo della situazione». «I civili sono stati esiliati per otto mesi e fino ad ora non c’è una data per il ritorno, a parte la vaga speranza di un cessate il fuoco a Gaza». Intanto l’esercito ha ulteriormente ribadito sabato di essere pronto a un’invasione del sud del Libano.

Il pericolo è che dato lo stallo a Gaza, il governo israeliano voglia incrementare le azioni sul fronte nord in una logica di auto-legittimazione.

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