Proteste in Libano per i tagli dell’UNRWA all’assistenza sanitaria dei palestinesi

 

Ci risiamo.  

Ogni volta che rientro qui in Libano mi trovo a vivere con la comunità palestinese di Burj al Shemali una ennesima protesta per ulteriori tagli che l’UNRWA introduce nei diversi settori dell’assistenza a cui è preposta. Questa volta tocca al settore sanitario.

 

I palestinesi, che non hanno accesso al servizio sanitario pubblico libanese, vengono rimborsati sulla base di tabelle che catalogano interventi/malattie e relativa percentuale di rimborso; i trattamenti più costosi non sono offerti dallo schema di aiuto dell’UNRWA e i profughi sono lasciati a sopportarne i costi, spesso insormontabili. Finora, chi riusciva a mettere insieme la cifra ricorrendo spesso a prestiti e collette tra parenti e conoscenti,  era libero di accedere a qualunque ospedale del Libano, ma dal 1 gennaio il nuovo regime limita l’accesso solo ad alcune strutture. Per l’area di Tyro sono due: l’ospedale Balsam del campo di Rashidieh gestito dalla Palestinian Red Crescent (anch’esso notoriamente in difficoltà economiche per la riduzione dei fondi da parte dell’ANP) e l’Official hospital di El Buss, entrambi conosciuti come i meno attrezzati, affollati e carenti di diverse specializzazioni. Oltre a questa intollerabile limitazione l’UNRWA ha ridotto anche le percentuali di rimborso.

La portata del provvedimento non si comprende appieno se non si considera il tessuto sociale sul quale viene calato il nuovo regime. Il gesto estremo di Omar Khedeir, un ragazzo di 24 anni malato di talassemia che il 12 gennaio si è dato fuoco qui a Burj al Shemali perché si è visto negare il trattamento, forse ci aiuta a capire il punto di disperazione a cui stanno spingendo questo popolo. In Libano i palestinesi muoiono per malattie curabili perché non possono permettersi di pagare gli elevati costi delle cure mediche

Alle manifestazioni di protesta, prima davanti alla sede UNRWA del campo, poi a quella di Tyro, poi a quella di Beirut, i volti delle persone sono un misto di preoccupazione e rabbia, i loro discorsi guardano al futuro, intuiscono le prossime mosse, intravedono la strategia finale, e fanno il paragone con i momenti analoghi vissuti lo scorso agosto per i tagli all’istruzione. In quel caso scioperi e proteste sono serviti per assicurare un altro anno di salario agli insegnanti palestinesi, ma non per mantenere il livello dell’educazione impartita, giacché il numero degli studenti per classe è stato elevato a 50, con le ore di 45 minuti.

Le manifestazioni non si arrestano. Domani sciopero e dimostrazioni nel campo di El Buss.

olga ambrosanio

Tyro, LIbano 13 gennaio 2016

 

 

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